Ogni tanto «rivestire i vecchi panni» fa proprio piacere. E in un certo senso ne avevo quasi bisogno, dopo tanti mesi... Ma non temete: non ho «gettato la tonaca», anche se in senso stretto non la vesto più da molto tempo. Bensì ho indossato, per una decina di giorni ancora, i «vecchi panni» per l’appunto, di Manghîn, personaggio tipico del folklore galliatese (per chi non lo conoscesse) e con 30 amici e compagni di avventura del gruppo folkloristico di Galliate sono tornato a calcare il palcoscenico.
Un palcoscenico al tempo stesso internazionale e praticamente di casa, rinvigorendo vecchi gemellaggi e stabilendone di nuovi. È stato davvero bello e arricchente portare musiche, balli e scenette di gusto estremamente popolare e propriamente galliatese ai nostri «cugini argentini», i cui avi (spesso dai nonni in su) tra la fine 800 e la metà 900 hanno varcato l’oceano in cerca di fortuna e si sono stabiliti in queste immense distese di terra, ancora da domare. Ed altrettanto commovente è stato ascoltare i loro racconti, il loro dialetto piemontese un po’ biascicato, ma ancora conosciutissimo; condividere anche solo poche ore della loro vita quotidiana cercando di imparare l’uno dall’altro, attraverso la compagnia, il divertimento.
E al momento dei saluti (tra il gruppo e le comunità italiane in Argentina, ma anche in aereoporto tra me e i compagni di tournée), qualche lacrima sicuramente, ma tante promesse, perché la storia diventi terreno fertile per nuove speranze e «ponti» ancora più solidi e frequentemente varcati.
Una nuova esperienza di vita che arricchisce il mio tesoro latino-americano e che, al mio (non molto prossimo!) rientro in Italia mi impegnerò a mantenere non come puro ricordo, ma come solida regola di vita.
Don Marco
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